Il Manuale operativo per la predisposizione di un Piano comunale ed intercomunale di protezione civile definisce come interfaccia urbano-rurale quelle zone, aree o fasce, nelle quali l’interconnessione tra strutture antropiche e aree naturali è molto stretta, quei luoghi geografici, cioè, dove il sistema urbano e quello rurale si incontrano ed interagiscono, così da considerarsi a rischio d’incendio di interfaccia potendo venire rapidamente in contatto con la possibile propagazione di un incendio originato da vegetazione combustibile.
Tale incendio, infatti, può avere origine sia in prossimità dell’insediamento (ad esempio a causa dell’abbruciamento di residui vegetali o all’accensione di fuochi durante attività ricreative in parchi urbani o periurbani, ecc.), sia come incendio propriamente boschivo per poi interessare le zone di interfaccia.
L’interfaccia in senso stretto è la fascia di contiguità tra le strutture antropiche e la vegetazione ad essa adiacente, esposte al contatto con sopravvenienti fronti di fuoco.
In via di approssimazione, la larghezza di tale fascia è stimabile attorno ai 20-25 metri e comunque estremamente variabile in considerazione delle caratteristiche fisiche del territorio, nonché della configurazione della tipologia degli insediamenti.
Sulla base dell’analisi operata, è possibile distinguere tre differenti configurazioni di contiguità e contatto tra aree con dominante presenza vegetale ed aree antropizzate:
- interfaccia classica: frammistione fra strutture ravvicinate tra loro e vegetazione (es. periferie dei centri urbani e villaggi);
- interfaccia mista: presenza di molte strutture isolate e sparse nell’ambito del territorio ricoperto di vegetazione combustibile;
- interfaccia occlusa: zone con vegetazione combustibile limitate e circondate da strutture prevalentemente urbane (come ad esempio parchi o aree verdi o giardini nei centri urbani).
Per valutare il rischio conseguente agli incendi di interfaccia è pertanto prioritariamente necessario definire la pericolosità nella porzione di territorio ritenuta potenzialmente interessata dai possibili eventi calamitosi ed esterna e di contorno al perimetro della fascia di interfaccia in senso stretto, corrispondente alla c.d. “fascia perimetrale”, valutata in circa 250 metri raggruppando tutte le strutture la cui distanza relativa non sia superiore a 50 metri.
Un ulteriore elemento di valutazione da considerare è rappresentato dalla vulnerabilità degli esposti presenti nella fascia di interfaccia.